A catechismo ci hanno insegnato, quando si entra in Chiesa, a inginocchiarsi davanti all’Eucaristia. Se vissuto con un minimo di attenzione e senza una fretta sciatta, è certo un gesto estremamente potente: sono davanti al Signore e davanti a lui mi inchino, mi metto in ginocchio.
Tutta la Quaresima ha come scopo quello di vedere Gesù, di portare la nostra attenzione su di Lui, di riconoscerlo Signore della nostra vita. Per questo ci inginocchieremo e baceremo il crocifisso il Venerdì Santo e accenderemo il cero pasquale la notte di Pasqua, simbolo di Gesù luce del mondo che illumina le nostre tenebre. Anche la preghiera e il digiuno che hanno caratterizzato queste settimane sono state finalizzate a un incontro più autentico e vero con il Signore.
Gesù è presente nell’Eucaristia (e quindi ci inginocchiamo) in una comunità che si riunisce nel suo nome (“dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” Mt 18,20), ci parla nella sua parola (per questo si bacia il Vangelo alla fine della proclamazione durante la messa).
C’è però un altro luogo dove possiamo incontrare personalmente Gesù: nei poveri. La pagina, una delle più potenti in assoluto del Vangelo, è quella del giudizio universale di Mt 25,31-46: Il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi“. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me“.
Nel cammino quaresimale volto a riconoscere Gesù, la carità vissuta con concretezza e radicalità serve esattamente a questo: a nutrire Gesù, dissetare Gesù, accogliere Gesù, vestire Gesù, curare Gesù, visitare Gesù. Volete vedere il Figlio di Dio? Egli è realmente presente in ognuna delle 9000 persone senza fissa dimora che dormono per strada a Roma. Volete incontrare il Signore della storia? È in ognuno dei 26 esseri umani (per lo più bambini) che moriranno di fame prima che finiate questo articolo. Volete sapere dove è Gesù? Sta affondando in qualche barcone sperso nel Mediterraneo o è violentato proprio in questo momento in un campo nel bel mezzo del deserto libico.
Servendo i poveri con la stessa devozione con cui ci inginocchiamo davanti all’eucaristia e baciamo il crocifisso, impariamo che la nostra fede non può essere ridotta a una sola pratica spirituale e men che meno a una serie di cose più o meno improbabili da ritenere comunque vere. Piuttosto, la ricerca di Gesù ci impone di andare per le strade, di abitare la storia con tutte le sue scandalose ingiustizie, di non fuggire i luoghi dove più difficile è la convivenza umana. Non in alternativa al gesto liturgico di una comunità che si ritrova in Chiesa ogni domenica, ma in doverosa conseguenza e continuità. Mai l’una senza l’altro. Senza paura di condividere questi gesti anche con persone mosse da altri ideali e credenze.
Per questo motivo, per Gesù e per la storia degli uomini in cui si rivela, non ci è concessa una carità misurata, una generosità rattrappita, un servizio trascurato.
Don Andrea RM 119
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