“Find out Africa”

Quando immaginiamo l’Africa pensiamo alla felicità nonostante l’assenza di agi, al povero che si fa maestro del ricco, alle pance gonfie, agli occhioni umidi, ai vestiti colorati.
Noi siamo stati venti giorni in Togo e abbiamo vissuto questi luoghi comuni, li abbiamo contestati, smentiti, ma anche, in alcuni casi, confermati.

Siamo il Clan Alte Vie, del Gruppo AGESCI Imola 4, una comunità di ragazzi e ragazze tra i diciassette e vent’anni che, accompagnata da tre capi, ha deciso di affrontare quest’esperienza per dare un valore differente alle vite che la compongono. L’iniziativa è nata dall’idea di una ragazza del Clan, ed è stata sostenuta e coltivata con determinazione: ci siamo impegnati in una preparazione finanziaria e psicologica per portare a compimento il progetto.

Consapevoli che la felicità è come l’acqua in un bicchiere, ma la sua forma e la sua capienza sono plasmate dal contesto in cui siamo nati e cresciuti, ci siamo chiesti se è possibile vivere senza gli agi che abbiamo in Italia… la nostra “normalità” è essenziale?

Abbiamo prestato servizio all’orfanotrofio Village de la joie, nella città di Atakpamè. La struttura è stata eretta da Suor Elisabetta, una donna che con la sua forza, la sua fede, la sua perseveranza, la sua continua ricerca di felicità nel bene del prossimo, aveva già contribuito alla fondazione del Liceo della città.

Il Village de la joie, come preannuncia il nome, è un faro che rende fortunati nella sfortuna i bambini che lo abitano, di età compresa fra i tre e i quattordici anni. Nonostante non dovessimo solo fare animazione, ma anche svolgere servizi manuali, è stato il rapporto con loro che ha scandito in questi venti giorni il nostro ritmo di vita.
L’atteggiamento dei bambini verso ciò che devono fare è molto diverso dal nostro: avendo poco sono sempre pronti e attenti a cogliere ogni occasione per divertirsi e scoprire qualcosa di nuovo: se la povertà c’è, i loro occhi non lo danno di sicuro a vedere. Lì è tutto diverso. I colori, gli odori, gli incontri, gli abbracci, le emozioni.
È davvero lo stesso mondo in cui viviamo noi? Atakpamè è come un arcobaleno, e tornando a casa ci si accorge di voler colorare il nostro personale film, che troppo spesso appare ingiustamente in bianco e nero. Questi bambini sono riusciti a vedere il meglio di noi e ci hanno aiutato ogni giorno a diventare il modello di persona che meritano avere accanto.

L’immediatezza lì non è paradigma del “tutto e subito”: è un’immediatezza fatta di azioni e relazioni dirette e genuine. Il sorriso di un bambino sconosciuto con le braccia tese per essere preso in braccio; l’accoglienza di chi, pur non sapendo chi siamo, offre la propria fiducia per il semplice divertimento di pochi momenti. Sarebbe bello vivere questa immediatezza nella nostra vita occidentale, ma non ne fa parte.

Che cosa abbiamo scoperto? Niente che il nostro cuore non sapesse già. Che la ricchezza è un mezzo, non uno scopo: la vera abilità è utilizzarla nel modo giusto. Che si vive anche senza gli agi di cui godiamo in Italia, ma una vita vissuta giorno per giorno, fatta di messe di tre ore, di cucine a carbone, di docce a secchiate, della semplice forza di un courage. Che è necessario accorgersi di non stare usando inutilmente il proprio tempo per vederlo fruttare davvero. Che un sorriso è davvero più importante di mille parole, che siano dette in lingua sconosciuta o non. Che il poco che si fa col cuore in realtà è tantissimo, e colma, riempie più di ogni altra cosa.

Il segno che questo luogo, questi volti, questi abbracci, questi continui e genuini entusiasmi ci hanno lasciato resterà invisibile e indescrivibile nel cuore di ognuno di noi. Non sembra quasi vero adesso quello che abbiamo visto e vissuto, che esista un mondo così diverso dal nostro.

Elena Righini – Clan Alte Vie, Gruppo Imola 4

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