Illuminiamo il buio dall’Ignoranza: Veglia di preghiera contro l’Omotransbifobia.

Articolo a cura del Bari 18.

Una Chiesa buia. 

Una voce: “Illuminiamo il buio dell’ignoranza, della paura, dell’isolamento e ricordiamo le vittime dell’omotransbifobia.”

Una piccola fiammella alle nostre spalle su un banco in fondo, una piccola fiammella capace di accendere le candele sul banco davanti, e poi da quel banco quello ancora dopo, una luce che pian piano illumina tutta la chiesa, come un lenta onda di luce.

Un’onda partita da una singola piccola candela. 

Così Sabato 11 Maggio si è voluta iniziare la veglia di preghiera promossa per la prima volta assieme dall’Arcidiocesi di Bari-Bitonto e dalla Tenda di Gionata per il superamento dell’omotransbifobia

Un inizio che già di per sé dice tutto. Ci ricorda come la responsabilità sia collettiva. Perché’ se uno solo avesse deciso di rinunciare, di non dare la giusta attenzione, di non esserCI, saremmo rimasti in parte al buio. 

Giovanna (nome di fantasia) con la sua testimonianza ci racconta della sofferenza, del male che il non prendersi la propria parte di responsabilità può creare. Perché’ Giovanna avrebbe voluto andare a scuola serenamente, avrebbe voluto poter vivere serenamente il suo percorso di scoperta di se, avrebbe voluto essere accompagnata, avrebbe voluto sentirsi sicura in quello che difatti dovrebbe essere uno spazio educativo dove crescere serenamente, iniziare la formazione del proprio carattere, affrontare i propri limiti e scoprire le proprie risorse. 

Ma quando, per tanti motivi, tutto questo viene a mancare ecco che “le parole diventano macigni”, i “tu sei” e i “tu non sei” pietre.

 Ed è inevitabile chiedersi quale è il nostro ruolo di educatori, quale è la nostra responsabilità, che strumenti abbiamo per poter arrivare a trasformare le pietre in accettazione di sé. 

Certo, non siamo supereroi, e non dobbiamo appropriarci di dimensioni che non ci appartengono, per la quale non siamo formati. Ma possiamo e dobbiamo avvalerci degli strumenti che abbiamo

Dobbiamo essere sentinelle, dobbiamo creare spazi sicuri, spazi in cui i nostri ragazzi, in cui Giovanna, possa sentirsi libera di dialogare, crescere, esprimersi, spazi in cui si possa sentire ascoltata, ma quell’ascolto attivo, quell’ascolto che lascia noi Capi un attimo storditi, senza saper bene cosa dire, cosa rispondere. 

Ma noi nelle nostre Co.Ca, nei nostri staff, nell’analisi del territorio per la riscrittura del Progetto Educativo, riusciamo davvero ad essere sentinelle? 

Riusciamo ad essere un faro per quei ragazzi che ne hanno bisogno? 

Riusciamo davvero a farci recepire come uno spazio sereno, non pregiudizievole, uno spazio in cui tutti sono ben accolti?  

La comunità è la nostra forza, educhiamo alla comunità e viviamo di comunità e forse come comunità oltre a porci la domanda dovremmo iniziare anche a tentare di darci delle risposte.  Riflettiamo guardando alla comunità di Zaccheo che ha accolto Nicola, secondo testimone ascoltato nella nostra veglia, comunità che lo ha aiutato pendendolo per mano e creando legami, nella sua testa interrotti, tra il suo percorso di transizione e il suo appartenere alla Chiesa.

Stando li con lui e per lui. 

Ed ora Nicola, grazie a quella che ora è diventata la sua comunità può dire ‘mi sento me stessa’, grazie a loro ha potuto riappacificarsi con sé stessa, e sentirsi viva nel suo rapporto con Dio.  

Questa storia oltre ad interrogarci  avviva in noi una sfida

La sfida di sapere essere concilianti e non divisivi, dentro le stanze della nostra sede, soprattutto se si parla di Dio che accoglie tutti.
E diviene urgente accogliere e raccogliere, senza nascondersi dietro i “ma” e i “si, però, dietro massimi sistemi e sovrastrutture che alle volte ci auto-imponiamo, un po’ perché’ ci crediamo, un po’ perché così è un po’ più facile.
Diviene urgente accogliere la sfida di saper prendere per mano e ricucire, conciliare, essere strumenti del Signore perché chi ama Lui possa essere sereno nell’amarLo

E così dobbiamo fare i conti con un secondo “pezzo”, con l’altra metà, perché non siamo solo Educatori ma Educatori Cattolici Cristiani.

Che significa partecipare al cammino che la nostra associazione e la nostra zona hanno iniziato, un cammino nella quale crediamo con forza e alla quale siamo entusiasti di partecipare, speranzosi che la prossima occasione vedra’ una partecipazione piu’ vasta, piu’ numerosa, piu’ significativa dei capi della nostra Zona e degli RS perché sui temi dell’ accoglienza e dell’ amore di Dio non possiamo come educatori e scout cattolici farci trovare impreparati o rischiare di lasciare qualcuno solo

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