Lettera Route di Zona Napoli

Caro Capo,

l’appuntamento del 16, 17 e 18 marzo ci vede tutti coinvolti, non come semplici fruitori di un messaggio o di un evento, ma protagonisti di un percorso e di un processo che se realizzato con caparbietà e con diligenza ci darà gli strumenti necessari per “lasciare il mondo migliore di come lo abbiamo trovato”.

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Il cammino del discernimento ci appartiene molto e lo realizziamo e lo concretizziamo, sia a livello personale sia a livello comunitario, molto più spesso di quello che pensiamo; forse non lo chiamiamo con il termine “discernimento”, ma la scelta del percorso universitario, la definizione degli staff all’inizio dell’anno, il votare un partito piuttosto che un altro, il decidere di partecipare ad un evento o ad una consultazione referendaria, tutto è discernimento, anche quando si decide chi invitare al proprio matrimonio nasce da un processo di discernimento.

L’associazione ci chiede di rendere esplicito tutto ciò e di tematizzarlo attraverso un itinerario che ci vede coinvolti come Capi inseriti in una Comunità, sapendo coniugare le scelte personali, che non sono mai individuali, all’interno delle scelte comunitarie.

Il percorso del discernimento è innanzitutto aver chiaro chi voglio essere e come esprimere il mio essere Capo, cristiano e appassionato del territorio, “qui ed ora”.

La route di metà Marzo l’abbiamo sognata e pensata come lo spartiacque tra il primo passo, il discernimento personale e quello comunitario.

Vorremmo arrivare all’evento con un percorso personale che ci veda tutti coinvolti e partecipi per lanciare e rilanciare l’itinerario comunitario che ci vedrà impegnati fino alla fine dell’anno.

Un percorso che vorremmo che sia agile e significativo, ma che non nascondiamo essere impegnativo e, in alcuni casi, difficile. Il riflettere su noi stessi, l’avere il coraggio di leggerci e di riqualificare le nostre relazioni, non è mai cosa semplice, il valorizzare il bene e il liberarsi di ciò che ci ostacola o ci impedisce di essere persone e uomini di relazione è sempre estremamente complesso e complicato.

Ma noi confidiamo sia nell’aiuto del Signore, che non ci lascia mai soli, sia perché il nostro “inguaribile” essere ottimisti ci accompagna costantemente e il sapere che tutto ciò ci renderà persone migliori e capi più consapevoli, per rendere un servizio sempre migliore ai nostri ragazzi, ci sostiene e ci incoraggia.

La prima tappa di questo itinerario si divide in due momenti il primo più scolastico è un comprendere le radici e il perché nasce questo percorso, per questo abbiamo preparato una sintesi dei due documenti che sono alla base del nostro percorso: Evangelium Gaudium e Amoris Latetiae. Il secondo momento più analitico e personale ci chiede di metterci in gioco in prima persona.

Riconoscere (memoria) ciò che avviene nel proprio mondo interiore

In questa prima tappa si tratta di diventare coscienti di come quello che avviene fuori dell’uomo e accanto a esso incida sulla interiorità. Si riportano così tutti i dati percepiti al presente di se stessi: questo è il tempo di ricordare quello che si è vissuto. L’aiuto decisivo è dato dalla facoltà della memoria. È il tempo per riconoscere, percepire le emozioni e le ispirazioni interiori, identificarle, dare loro un nome e familiarizzarsi con la loro presenza e incidenza.

In questa prima tappa si tratta di accorgersi di quello che avviene fuori di noi, attorno a noi e in noi. Si tratta di raccogliere la propria esperienza storica nella sua globalità e di portare tutti i dati al proprio presente: per questo è detto pure il momento della memoria: è il percepire le emozioni e le ispirazioni interiori, l’identificarle, il saper dare loro un nome e il familiarizzarsi con queste realtà dell’affettività più profonda. Certamente nella vita spirituale anche l’affettività va valorizzata. Esso comporta una valorizzazione positiva dell’affettività, prima di formulare un qualsiasi giudizio morale, è invitato ad accettare questi movimenti interiori, anche quando sembrano “brutti”. “Accettare le emozioni interiori”, evidentemente, non significa automaticamente “approvarle” e “farle proprie”: si tratta di “non rifiutarle a priori”, di “non volersi vedere diverso” o di “non nascondersi a se stessi”.

Questo è il momento in cui chi desidera discernere, prima di formulare un qualsiasi giudizio, è invitato ad accogliere qualsiasi movimento interiore lo attraversi, per il fatto stesso che è quello che sta provando e non altro. A questo primo livello si tratta solo di constatare quello che è in me: riconoscere, per esserne consapevoli e non lasciarsi agire da emozioni, pensieri e sensazioni; solo così, successivamente nella seconda tappa, si potrà agire su di esse, grazie all’intelletto e alla volontà.

Buona strada

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